COMMENTI PERSONALI
salve , ho conosciuto alcuni vostri prodotti alla villa medicea x territori in festival . vorrei farvi sapere che ( ma magari lo sapete già ) che l’amaro nunquam (stepitoso) stà da DIO con la cioccolata fondente specie se di qualità ! ve lo posso assicurare perche stò facendo questo abbinamento in questo momento . grazie e a presto luca perondi sommelier AIS per divertimento
Spett.le azienda, ho provato di recente un vostro prodotto devo dire che è stata una sorpresa! Decisamente ottimo e gustoso. Continuate così. Un vostro estimatore. Alessandro Castellano Via Catania, 1 74100 Taranto
Egregi signori, Complimenti per la marmellate …al di là di ogni aspettativa Francesco Nazzaro Mondragone (CE)
Buongiorno, mi chiamo Franco Piccioni, abito a Riccione ed ho avuto modo di degustare alcuni vostri prodotti, trovandoli eccellenti. Posso sapere se dalle mie parti (Rimini, San Marino, Cesena o Pesaro) ci sono distributori delle vs. prelibatezze, per potermene approvvigionare?
Saluti, una domanda: ho provato i vostri prodotti e li trovo ottimi, vendete anche al dettaglio? O spedite i prodotti a casa? O avete un rivenditore a Milano, che sarebbe perfetto? Grazie per l’attenzione e complimenti. Buongiorno a lei sig. Fabio Goti, La ringrazio moltissimo per l’informazione. Il mio coinquilino ha comprato tre confezioni alla “Prosciutteria”, in un paesino vicino a Firenze. Abbiamo assaggiato la confettura extra di fragole al pepe, quella di radicchio rosso e quella di peperoncini friggitelli e mele. Siamo particolarmente curiosi di assaggiare le gelatine al vino e le mostarde, ma ci accontenteremo (per ora) di provare i prodotti che troveremo dal Vostro cliente a Milano. Per gli altri dovremo rimandare alla prossima gita in Toscana. Se non è di disturbo, mi piacerebbe sapere se avete clienti anche nella zona di Rimini, dal momento che sono originaria di lì e mi capita spesso di tornare. Grazie ancora per l’attenzione, Cordiali saluti Claudia Zavoli
GIORNALI
Fan del Negroni unitevi di Eleonora Cozzella È nato nel 1920 ma è ancora giovanissimo. Il Negroni, nato quasi per caso dalla passione per i drink di un conte fiorentino raffinato, affascinante e poliglotta spesso in viaggio alla scoperta di terre lontane, continua a mantenere le caratteristiche del suo inventore: accattivante, suadente e sempre in giro per il mondo. La ricetta è stata codificata negli anni Sessanta dall’Iba (International Bartenders Association) ma la sua nascita risale appunto a molti decenni prima, quando il conte Cammillo Negroni nello storico Caffé Casoni a Firenze si faceva preparare dal barman Fosco Scarselli “il solito”. Per il conte il solito era un “Americano” (Vermouth rosso e bitter) con la variazione che lui preferiva: l’aggiunta del gin. Questo americano modificato, poi fatto assaggiare dal conte ai suoi amici negli Stati Uniti, si è diffuso tanto da avere oggi un incredibile seguito, con tanto di libri dedicati (godibile “Sulle tracce del conte: la vera storia del cocktail Negroni” di Luca Picchi, ed. Plan, 96 pagine, 15 euro), piatti che lo vedono tra gli ingredienti e un Club che organizza periodici raduni internazionali, forte di ormai 4200 soci da ben 28 Paesi del mondo: ultimi arrivati in ordine di tempo i soci cinesi, dove il long drink sta prendendo piede, primi invece gli Irlandesi, gli svizzeri, gli austriaci. Fondatore e anima dell’associazione è Filippo Mori, del Bar Engel Franz Bistrot di Viareggio, un po’ ristoratore un po’ artista, noto in Versilia per aver gestito alcuni locali culto dagli anni Settanta – il Tongo, la Verdina, il Jilè, luoghi di incontro di pittori, scultori e letterati. “Il Negroni è come un’alchimia – racconta – sembra facile da preparare perché ha tre soli ingredienti, ma il risultato non è mai scontato. Dipende dal ghiaccio, da come si gira, dalla qualità delle materie usate. Per esempio, scelgo solo il Vermouth Carpano, leggendario liquore nato nel 1785 e i migliori gin”. E da poco c’è anche un nuovo matrimonio, quello con i Vermouth speciali “Les Mousquetieres”, bianco, rosso e rosé, prodotti in piccolissime quantità da Cristina e Fabio alla “Numquam” di Prato, con metodi artigianali, in esclusiva, per il Club del Negroni. La dedizione per il cocktail lo ha portato ad alcune interpretazioni sul tema, come l’esperimento (riuscito) ideato con il cioccolatiere Paolo Montanelli, da cui nascono i cioccolatini ripieni di Negroni, bocconi fondenti che appena morsi inondano la bocca dell’aromatico drink. O come la versione del cocktail dal carattere più forte, che ha chiamato semplicemente “il conte”: stesso vermouth e bitter e un gin ad alta gradazione (47-48 gradi), da bere senza ghiaccio. Al Negroni club non si nasconde anche una sorta di “culto” per il conte che, raffigurato in una tela di tre metri del maestro Lorenzo D’Andrea, accoglie gli ospiti all’ingresso di ogni raduno. Per i fan, anche le magliette con la stampa di Cammillo Negroni. Prossimo incontro a Novembre in piazzetta dell’Annunziata a Viareggio, quando il Negroni sarà servito con le castagne. “Un abbinamento perfetto”, assicurano
WEB E TV
10 CAMPIONATO DI GIORNALISMO MERCOLEDÌ 30 MARZO 2011 Le Pesche per l’Unità d’Italia Riscoprire per valorizzare le eccellenze enogastronomiche LE «PESCHE di Prato» sono due piccole semisfere di pasta brioche soffice e leggera, inzuppate di Alkermes, ricoperte di zucchero semolato e tenute insieme da crema pasticciera. Il nome «pesche» deriva dalla loro forma sferica e dal loro colore rosato , ottenuto dall’utilizzo dell’Alkermes , il rosso liquore di origine medioevale, ricavato da un insetto, la cocciniglia, e prodotto, secondo un’antica ricetta segreta, dall’Antica Farmacia di Santa Maria Novella di Firenze. La storia di questi dolci è strettamente legata ai festeggiamenti per la proclamazione dell’Unità d’ Italia. Si racconta, infatti, che nell’aprile del 1861, a Prato, nella locanda Contrucci che si trovava in piazza del Duomo, venne fatta una cena in onore dei patrioti pratesi che si erano distinti nelle lotte risorgimentali, fra cui Giuseppe Mazzoni, Triumviro della Repubblica Toscana del 1848-1849. Il cuoco servì varie specialità che furono molto apprezzate, ma il piatto che riscosse più successo furono le «Pesche», che, per l’occasione, erano state decorate con delle bandierine tricolori. Risultò una novità così gustosa e gradita che i pasticceri pratesi la inserirono, con successo, fra le loro specialità. Oggi le «Pesche di Prato» rappresentano una delle eccellenze della cucina pratese : nel novembre 2010, durante il XVII Simposio dell’Accademia dei Maestri Pasticceri Italiani , questi dolci, nella golosa versione del pasticcere Paolo Sacchetti , sono stati definiti i «pasticcini mignon più buoni d’Italia». Nella cucina pratese ci sono altre eccellenze, oltre alle «Pesche». Sono cibi, sapori, odori, nati dalla tradizione , che «raccontano» il territorio pratese e ci permettono di conoscere fatti storici , memorie familiari ed usi quotidiani. Una vera e propria vetrina delle eccellenze enogastronomiche pratesi è il negozio di via Ricasoli 13/15, punto informativo e di vendita delle produzioni tipiche , gestito dalla “Strada dei vini di Carmignano e dei sapori tipici pratesi”, associazione a cui aderiscono vari enti e aziende dei Comuni della provincia. Nel negozio , che è frequentato soprattutto dai turisti-come ci ha detto Alessia, una dei commessisi possono trovare i famosi biscotti di Prato, i vini della più piccola Docg d’ Italia, quella di Carmignano, la rinomata mortadella di Prato, i fichi secchi di Carmignano e poi miele, confetture, sottoli, sottaceti… e, per finire , liquori ancora poco conosciuti, come il Vermut di Prato. Le tradizioni enogastronomiche possono , quindi, offrire anche notevoli opportunità di sviluppo. NON SOLO pesche mortadella, cantucci……C’è anche il Vermouth! Intervista a Fabio Goti, lo chef e sommelier che ha riscoperto un’antica tradizione pratese Un vino aromatizzato, particolarissimo , poco conosciuto è il Vermouth Bianco di Prato. Un tempo veniva prodotto nelle campagne dalle massaie, che, seguendo un’antica tradizione , utilizzavano uva bianca non ancora matura ed erbe raccolte nei campi. Lo servivano come aperitivo o come digestivo durante le feste natalizie. Questa tradizione , dimenticata per un lungo periodo, è stata riscoperta da un laboratorio artigianale di liquori, la Nunquam di Tavola, i cui titolari, lo chef e sommelier Fabio Goti e sua moglie Cristina hanno ripreso a produrre questo vermouth seguendo una tradizione di famiglia. Fabio Goti ci ha spiegato di aver ereditato la ricetta da suo nonno, ma ogni famiglia aveva una “sua” ricetta. Ha impiegato qualche anno prima di trovare il giusto equilibrio fra i vari ingredienti, poi ha iniziato la produzione , che per il momento ha un mercato soprattutto locale. La tipicità di questo prodotto, ha spiegato Goti ,è legata non solo agli ingredienti ( vino bianco toscano, numerose erbe aromatiche e varie spezie, fra cui l’assenzio, “vermouth “in tedesco, ) ma anche alle procedure di lavorazione che sono interamente eseguite a mano, senza nessun ausilio meccanico. E’ un vermouth dal sapore molto particolare e sarebbe stato proprio un peccato perdere questa prelibatezza. Per concludere il signor Goti ha sottolineato che nella sua azienda si producono anche altre specialità :confetture di frutta e verdura, gelatine da abbinare a salumi e formaggi, sottaceti. Il suo obiettivo è promuovere la tipicità della tradizione enogastronomica pratese. L’INTERVISTA FABIO GOTI CHEF SOMMELIER HA RISCOPERTO LA TIPICITÀ DEL VERMOUTH Da vino di campagna a liquore pregiato «ITALIA UNITA» Le pesche di Prato in versione tricolore Gli alunni cronisti LA MORTADELLA di Prato ha origini antiche: sembra che fosse presente sulle tavole pratesi già a partire dal ‘500. Si trattava di un cibo povero, fatto con quegli scarti del maiale, che non erano adatti per fare salami o finocchione. Erano carni poco saporite, che venivano aromatizzate con cannella, alloro e Alkermes, prima di essere cotte per ore. Nella seconda metà del ‘900 la mortadella di Prato è praticamente sparita sia dalla tavole che dai negozi, ma a partire dagli anni Novanta alcuni artigiani hanno ripreso a produrla . La sua ricetta, oggi, è un po’ diversa rispetto a quella originale: ci sono meno spezie e il suo gusto è più delicato. Vengono utilizzate carni più pregiate: spalla, rifilatura di prosciutto, capocollo, guanciale , lardone e pancetta. PER salvaguardare la sua qualità e il suo gusto così particolare e difendersi da tentativi di imitazione , la mortadella di Prato si è dotata di un disciplinare di produzione, redatto sulla base dell’antica ricetta, nel rispetto delle tradizionali procedure di lavorazione. Ne è nato anche un presidio. All’aspetto la mortadella sembra un grosso salame con pezzi di lardo bianchi di diverse dimensioni. Grazie all’Alkermes ha un colore rosato e un sapore molto particolare. Va consumata fresca, appena affettata, su fette di bozza pratese,maanche tiepida, tagliata a tocchetti , con crostini e pecorino stagionato. Scuola media E. Fermi Prato CONFEZIONE La tipica bottiglia del Vermouth di Prato LA PAGINA è stata realizzata dagli alunni della III sez I: Giulia Bettazzi, Sheila Butelli, Caterina Cardini, Simone Catani, Federico Cortesi, Leandro Dabizzi, Arianna Degl’Innocenti, Sara Di Marco, Pierapaolo Franceschini, Niccolò Gualtieri, Paolo Lenzi, Lorenzo Lizzo, Sara Lopes, Filippo Maffii, Tullio Maglia, Giada Masconni, Zeno Mazzinghi, Irene Morini, Matilde Petri, Martina Pinzani, Noemi Radice, Andrea Raspollini, Zhu Chao Hao e Srithong Master Kamolsak . L’insegnante Tutor è la professoressa Marisa Tani. Dirigente scolastica è la dottoressa Luigia Anna Ammaturo. IL NEGOZIO La mortadella un viaggio nella tradizione
lunedì 23 febbraio 2009 Il Vermouth di Prato e….la cappasanta Il vermouth, vino aromatizzato, adesso utilizzato quasi esclusivamente come ingrediente x cocktail è stato riscoperto da un piccolo produttore artigiano della nostra città che, riprendendo un vecchia ricetta del 1750, con una base di vino bianco toscano (per la versione Vermouth bianco) e l’aggiunta di numerose erbe aromatiche e spezie varie (tra cui l’assenzio dal tedesco Wermuth da cui il nome) ed una lavorazione tutta eseguita a mano, produce un Vermouth di qualità interessante. Comunque ai là della qualità del prodotto in sè (da provare fresco come aperitivo se piace il retrogusto tipico, acidulo e amarognolo), stasera volevo postare per un altro utilizzo possibile. Ieri sera apprestandomi a cucinare uno spaghetto alle cappesante, con la ricetta in mano che recitava “sfumare nel brandy”, in assenza di quest’ultimo beh ho provato con il suddetto Vermouth, due dita, senza esagerare. Beh il matrimonio è stato ottimo, il gusto amarognolo del vermouth si è ottimamente sposato con il dolciastro della cappasanta. Risultato: ottimo spaghettino, molto gradito. Ciao p.s. a proposito, l’abbinamento, provato: in mancanza di un bianco che ritenevo idoneo per sposare il tendente al dolce del mollusco, aperto un Philipponnat Brut Royal Reserve. Belle boliicine, gradito anche l’abbinamento. Pubblicato da stefano baldi a 23:17
La riscoperta del Vermouth bianco di Prato 28/06/2008 – Non solo cantucci, mortadella e buon vino. Prato e’ anche la citta’ di un vermouth particolarissimo dal sapore unico e inimitabile che solo in pochi conoscono perche’ la ricetta era finita nel dimenticatoio da oltre 50 anni. A riscoprire la tradizione, di cui si hanno testimonianze gia’ nel 1750, sono stati lo chef sommelier Fabio Goti e la moglie Cristina, titolari del laboratorio artigianale di liquori ‘Alla gusteria’ con sede nella frazione di Tavola. ‘Ho seguito la tradizione di famiglia recuperando la ricetta che mio nonno seguiva quando preparava il vermouth in casa – spiega Fabio – ho impiegato qualche anno prima di trovare l’equilibrio giusto tra i particolari ingredienti di cui si compone’. Vermouth tradotto dal tedesco significa assenzio ed e’ proprio questa erba insieme ad altre 13 spezie e al vino bianco a costituire la struttura portante del liquore Made in Prato. Il vino viene fatto macerare per due settimane con assenzio pontico e romano, calamo aromatico, calanga, genziana, noce moscata, chiodi di garofano, scorze di arancia dolce e amara, scorze di cedro, bucce di pesca cotogna, centaura, enula campana, coriandolo, cannella. Si aggiungono poi zucchero e alcool, si rimescola e si mette la miscela a maturare per altri 10 giorni nei barili d’acciaio. Dopo di che’ si filtra e si imbottiglia, sempre a mano. Si ottiene un liquore dal colore giallo carico leggermente ambrato, sapore dolciastro con una nota di acidulo e un retrogusto amarognolo, odore molto intenso speziato e fruttato con un tenore alcolico di 15 gradi. La produzione e’ iniziata da un anno e mezzo e piano piano va incrementandosi. Al momento sono state vendute oltre 3000 bottiglie. E proprio per festeggiare la riscoperta del vermouth di Prato, la sera del prossimo 10 luglio sara’ organizzata una curiosa iniziativa in piazza Duomo in collaborazione con l’Associazione italiana barman e sostenitori: la creazione di un long drink a base di vermouth di Prato. ‘Per noi questa e’ un po una piccola scommessa – commenta Antonia Lo Casto dell’Aibes – perche’ di solito questo liquore si beve liscio o con ghiaccio oppure mescolato con gin e vodka’.